" Le mosche d'oro " 2014 di Agostino Arrivabene - " Pesante ho l'anima, di una tenebra perenne. "
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giovedì 27 giugno 2024

Nicola Samorì









 Nicola Samorì, Artista

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Il motto latino vanitas vanitatum et omnia vanitas fa da sottofondo all’intera opera di Nicola Samorì. I suoi memento mori sono cupi e angoscianti come quelli della grande pittura del Seicento. Tuttavia l’idea della morte a cui Samorì rimanda, non è quella del lento e inesorabile svanire della vita, ma di un trapasso fragoroso e disordinato, che impone prepotentemente tutto il non senso dell’esistenza umana.
Nicola Samorì si accanisce contro la parte più fragile e vulnerabile della figura umana, contro ciò che differenzia gli uomini gli uni dagli altri e li rende riconoscibili: il volto. Questo viene dilaniato e profanato in maniera ingiuriosa con un gesto furioso e dirompente. I volti squarciati e dissolti mostrano in maniera eclatante tutta la tragica inconsistenza dell’identità dei soggetti.
Il teschio, simbolo per antonomasia della vanitas, possiede pur sempre una traccia di positività. Conserva i tratti del volto umano, rimanda chiaramente a ciò che è stato. La vanitas rappresentata da Samorì è, invece, radicale, assoluta e senza possibilità di scampo. I volti scarnificati mostrano il nulla celato sotto al sottile strato di vernice. Niente resta dopo che la superficie epidermica del volto è stata strappata via. Nessuno scheletro o struttura ossea, nessun residuo antropomorfo, ma solo la traccia del violento passaggio della mano dell’artista. Nicola Samorì si scaglia contro l’immagine da lui stesso creata, lacera la menzogna di cui è responsabile. Con i volti va in frantumi il fragile equilibrio dell’apparenza dell’immagine. Tutto viene fatto precipitare nell’oscuro abisso dell’amorfo e dell’indifferenziato.
Ciò che strazia e genera clamore nei lavori di Nicola Samorì è il suo agire infido. L’inganno estetico dell’immagine è realizzato secondo i canoni del realismo della pittura classica. Allo stesso tempo però è mostrata rabbiosamente la falsità di ciò che viene proposto.
L’inquietudine suscitata dalle opere di Samorì è il risultato di un’azione profondamente negativa. Traumatica, ma condizione necessaria di ogni libertà.

da Artwort

sabato 11 novembre 2023

Nicola Samorì






















"L’arte è un foro nel tempo, qualcosa che ne anestetizza la corsa. "

Nicola Samorì, Artista

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Nicola Samorì è nato nel 1977 a Forlì e si è diplomato nel 2004 all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Pittore e scultore, nel suo percorso si evidenzia il tentativo di mettere in pericolo forme derivate dalla storia della cultura occidentale: in esse l’apertura del corpo rappresentato e della superficie pittorica si mostrano senza soluzione di continuità e si ha l’impressione che la nascita di una nuova opera comporti sempre il sacrificio di una antica.


A partire dal 2010 si affacciano nei suoi lavori le prime scorticature del pigmento, processo evidente in tre mostre del 2011: Baroque, LARMgalleri, Copenaghen; Scoriada, Studio Raffaelli, Trento; Imaginifragus, Christian Ehrentraut Gallery, Berlino. L’anno successivo si tiene la sua prima personale in una sede museale: Fegefeuer, Kunsthalle, Tubinga. Con la mostra Die Verwindung, allestita presso Galleria Emilio Mazzoli di Modena nel gennaio 2013, “l’artista ha finito per castigare ciò che aveva composto, giungendo così all’inevitabile e irrinunciabile assassinio della pittura” (Alberto Zanchetta).


Nel 2014 si sono succedute mostre personali e collettive allo Schauwerk di Sindelfingen, al MAC di Lissone, alla Kunsthalle di Kiel e negli interrati palladiani di Palazzo Chiericati a Vicenza. L’anno successivo è selezionato per partecipare alla 56ma Biennale di Venezia, e inserito nel progetto espositivo Codice Italia curato da Vincenzo Trione.


Sempre nel 2015 il TRAFO Centre for Contemporary Art di Stettino gli dedica una vasta monografica dal titolo Religo. Sono del 2016 i progetti personali alla Galleria Monitor di Roma e il primo solo show presso la sede di Lipsia della Galerie EIGEN + ART, a cui segue la partecipazione alla 16° Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma e a Gare de l’Est, Teatro Anatomico di Padova.


Nel 2017 partecipa alla collettiva Art in Art presso il MOCAK di Cracovia e hanno luogo due monografiche al Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro e alla Neue Galerie di Gladbeck. Fra il 2017 e il 2018 prende parte alla mostra The New Frontiers of Painting presso la Fondazione Stelline di Milano, dove ritorna nella primavera del 2019 in occasione della mostra The Last Supper after Leonardo. Nel 2018 gli esperimenti con la tecnica dell’affresco condotti nei due anni precedenti confluiscono nella mostra Malafonte alla Galerie EIGEN + ART di Berlino.


A fine 2019 tiene la personale Cannibal Trail, presso il Yu-Hsiu Museum of Art, Caotun (Nantou, Taiwan), la prima in Asia; a inizio 2020 allestisce a Napoli, presso la Fondazione Made in Cloister e il Museo Archeologico, il progetto Black Square e in settembre con la mostra personale In abisso torna nella sede berlinese della Galerie EIGEN + ART. In novembre apre una personale al Museo Mart di Rovereto dedicata alla figura di santa Lucia, una delle immagini-guida degli ultimi anni del suo lavoro.